A Napoli è lo Stato ad aver perso di Claudio Loiodice
A Napoli le vittime sono tre, una di esse assume anche le sembianze del carnefice.
La prima vittima, non in ordine d’importanza, è quel giovane carabiniere che in pochi attimi si è visto la vita mutare. Da quel giorno non sarà più lo stesso, lo dico purtroppo per esperienza personale. Non è mia intenzione in questa breve riflessione analizzare i fatti tenendo conto delle responsabilità di carattere giuridico o di coscienza: la prima spetta agli organi preposti, la seconda attiene unicamente alla persona, in quanto la coscienza è un fatto intimo, derivante da diversi fattori. Carattere, educazione, intelligenza e in taluni casi fede.
Il carabiniere è in ogni caso una vittima. Vittima di un sistema che gli avrebbe dovuto consentire di circolare liberamente e disarmato per strada, tenendo per mano la ragazza che ama, scambiando con lei sorrisi, promesse e progetti di vita. Vittima di un clima che lo vede suo malgrado contrapposto, dall’altra parte della barricata di altri ragazzi che come lui vivono una realtà inquinata dall’odio, dal risentimento e dal fango sociale che devasta una città tanto bella quanto impossibile.
La seconda vittima, non ultima in ordine d’importanza, è quel “bambino” che con in mano un giocattolo, adopera la violenza della quale probabilmente si è nutrito sin dai primi giorni di vita. A lui sarebbe spettato vivere tra le coccole di una famiglia allargata, che dovrebbe essere rappresentata dalla società tutta. Il 27 maggio 1991, non tantissimi anni fa purtroppo, l’Italia ha ratificato la convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Il fatto che una società senta il bisogno di dotarsi di una norma così banale, sottolinea quanto l’essere umano abbia bisogno di norme e sanzioni per statuire un concetto che sembrerebbe naturale: proteggere i bambini. La convenzione, tra le altre cose recita all’art. 6:
Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell'adolescente gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione tra Stati.
Lo Stato ha quinti inadempiuto al suo preciso dovere, quello di garantire la tutela del minore. Non esistono giustificazioni per il gesto e le azioni che la povera vittima, insieme al suo complice, abbia commesso a danno di altri cittadini, nessuna scusante, bensì la mia è una analisi di mea culpa, che invito tutti a fare.
Infine la terza vittima, che in questo caso assume anche le sembianze del carnefice. La società vittima di un manipolo di delinquenti, che non sa come difendersi, che abdica le sue funzioni di controllo del territorio, tutela della sicurezza, emarginazione dei soggetti pericolosi, adozione di sanzioni e tentativo di rieducazione e reinserimento. Quello che è accaduto al pronto soccorso dell’ospedale di Napoli è il risultato di una devianza sociale, di cui lo Stato è unico responsabile. Cento persone, esseri umani, invadono un posto protetto anche in zone di guerra. Nemmeno i talebani osano tanto; ne bloccano le vitali funzioni a salvaguardia della vita, devastano i locali e le attrezzature, trasformando la loro devianza sociale in devianza criminale. Il passo è breve quando i valori non vengono condivisi, quando si erigono barricate, quando si pensa all’altro come nemico. Tutto questo ha portato a incrociarsi le esistenze delle prime due vittime, ognuna di loro dall’altro lato della barricata, nemici pur essendo simili, quasi coetanei e comunque provenienti dallo stesso luogo. È triste, ma fa anche innervosire tutto ciò. In quell’ospedale una ventina di poliziotti hanno dovuto assistere inermi e probabilmente terrorizzati all’orda di un manipolo di barbari, mentre in una stanza i medici barricati non potevano prestare le cure necessaria a una ragazza pestata a morte da un brutale assassino, che un giorno forse aveva vestito furbescamente le vesti dell’amore. Lo stato rinuncia dunque a somministrare sia le cure all’adolescente, sia l’educazione, il benessere condiviso, sia la sua forza a tutela dei deboli. Lo Stato, che oggi vittima, ieri si è dimostrato carnefice, perché vilmente ha evitato di esercitare il suo dovere, lasciando spazio ad una subcultura altrettanto vile e ignorante.
Claudio Loiodice
Sociologo-Criminologo
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