In un mondo in cui fa scalpore, per non dire la differenza, il poter parlare di tutto, il non farsi trovare “impreparati”. Vorrebbe dire agli occhi di un interlocutore, mostrare debolezza, raccogliere indifferenza se non addirittura disappunto, ed emarginazione sociale, nei casi più estremi...si perde a mio avviso, un apparentemente banale passaggio.
Bombardati continuamente da informazioni, più o meno valide, accurate, approfondite. Smaniosi di scoprire non solo il servizio più vicino, la recensione più accattivante, la nozione più spicciola di un argomento, di un concetto, di un fatto, ecc. Ebbene da lì nasce l’invito personale a SPENDERE...-in senso figurato, naturalmente; guadagnare concettualmente non si sposa con quanto segue, ...TEMPO!
Siamo abituati, è innato nel genere umano, è ben noto, l’illusione di trovare, conquistare, appropriarsi, sapere, addirittura già tutto. Consequenziale l’inevitabile l’affannoso rituale di digitare su una tastiera la richiesta più consona a svelarci realtà, sipari, pagine, tecnicamente definite landscape. (Per fare i moderni).
Direi, beati coloro che hanno raggiunto questa condizione personale/ esistenziale.
Io appartengo alla Teoria, spero la codificheranno così, dei “non lo so”! Ricordi di bambina mi riportano ad un famoso libro: il libro dei Perché! Del tutto valido, soddisfacente, per rispondere a quelle prime domande sul mondo che mi circondava.
Nozioni anche basiche di pedagogia infantile, per non chiederci troppo, così come esperienze di vita vissuta-figli, nipoti, noi prima di loro- ci danno la certezza che una fase della vita, appena si riesce ad articolare il pensiero in parole, è ossessionata da un salmodiante mantra del Perché? Poi verrebbe da pensare, che col passare degli anni, le risposte vengano a noi, non più noi a loro, o siano dentro di noi. Un’illusione. Sono solo stratificati i perché, nel più imo livello di un’apparente persona sicura di sè. Parlo del PERCHÉ PROFONDO, quello che guarisce, che ci fa evolvere, addirittura cambiare. Di prospettiva, di animo, culturalmente ed esistenzialmente. Dà nuove chiavi di interpretazione, di lettura, di indagine. Primo gradino di una scala, magari non a chiocciola, perché la forza centripeta non dà scampo, quando si gira, pur se salendo, sempre intorno ad un solo, unico perno. L’asse della suddetta scala.
L’errore di fondo è che non si (vuole) accetta(re) che quel bambino possa avere qualcosa,ancora, a cui non ha trovato risposte. Non ci sono? Forse. Non si vogliono sapere? Perché? Si preferisce stare tranquilli? Da chi e cosa! Non sapere è meglio di sapere? Questione di opinioni. Audace l’uno e l’altro atteggiamento. Certo per chi ha conosciuto la dietrologia di uno gnothi sè authon, che ha tormentato da Socrate a Platone, da Sant’Agostino a Kant, un Cartesiano cogito ergo sum, un fanciullino Pascoliano, risulta un po’ difficile “fare finta di niente”. Perché dietro quel “non lo so”, c’è tutto il motore della vita dell’essere umano. La miccia di una curiosità, di una creatività, di uno spirito di sopravvivenza, che cozza col genere appena citato. Che ha portato filosofi, storici, psicologi e psichiatri a ricercare la CONSAPEVOLEZZA. Coraggiosi scienziati, fisici, medici, studiosi, ricercatori a spiegare o a sfiorare dettami imperscrutabili, soluzioni avanguardistiche, per le loro epoche. In tutto questo pullulante sforzo intellettuale ci sono poi i poeti. Interpreti dell’animo. Senza diplomi, attestazioni di frequenza per accedere al duro mestiere di chi indaga e attraverso una sensibilità raffinata, specializzatasi semplicemente sul campo, del vivere quotidiano, quello delle emozioni vissute, immaginate, desiderate, cerca di interpretare il dentro di sè e il contorno fuori di sè. Cosa hanno in comune con le altre categorie citate, unitamente alle meno blasonate della gente comune? L’ISPIRAZIONE! Il sentirsi essere provocati, che sia ben chiaro, INTELLETTUALMENTE.
Privilegio di tutti. Tutti noi. Come ben ribadisce Wislava Szymborska in “La prima frase è sempre la più difficile”. Il segreto risiede nello scegliere consapevolmente la propria vocazione e vivere, il lavoro, il privato, il sociale, con amore e immaginazione. Così tutto diventa un’avventura continua, nella misura in cui si riesce a trovare, nell’incedere degli anni, sempre nuove sfide. L’ispirazione altro non è allora che un non lasciare soffocare la propria vitale curiosità dalle difficoltà, dalle battute d’arresto. Lasciare che ogni problema che viene risolto, faccia scaturire un nugolo di nuove domande. Dal continuo “non lo so”, l’ispirazione si presenta. Ricordandoci che il mondo non è piatto. Che staglia davanti ogni giorno i più incredibili paesaggi, le più inaspettate prove. E proprio quel “non lo so”, lascia aperta la finestra ad uno sguardo più ampio, più articolato, più affascinante. Consiglio solo di munirsi di una lanterna Diogeniana, per i cammini notturni. Perché non ci si ferma mai, neanche di notte, quando la scelta è dei “non lo so”!
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